14 febbraio 2022

Alternative in Italia: Cosa viene dopo il Movimento 5Stelle (I)

- prima parte: alternative, dopo ambientalisti e sinistra affondano anche i grillini.     

di Massimo Marino

Un attimo dopo il voto dei grandi elettori che confermava la rielezione di Mattarella e insieme la continuità del governo Draghi e della legislatura fino al 2023, con in contemporanea la comparsa di Amato a presidente della Corte Costituzionale, sembrerebbe si sia aperta la nuova campagna elettorale. Un sistema di partiti  boccheggianti è alla disperata ricerca di qualche motivo per segnalare le ragioni della propria esistenza. Ai più attenti non è sfuggito il piccolo episodio del rinnovo di un seggio parlamentare in un collegio di Roma con un’affluenza dell’11% (bianche e nulle comprese) e un vincitore eletto con meno del 6% dei votanti.

La crisi viene da lontano ed è stata ben percepita in tutto l’Occidente con la crisi economica del 2008 quando la debacle di alcune grandi banche e finanziarie è stata pagata da centinaia di milioni di persone. Con la percezione diffusa che ne le forze conservatrici né la socialdemocrazia, con i loro diversi nomi locali nei vari paesi, erano altro che gregari non in grado di porre alcuna alternativa, come insegnò ben presto il sostanziale fallimento dello Stato in Grecia ( Papandreu dichiarò che i bilanci dello Stato erano falsi e che per entrare nella zona euro si era dichiarato un deficit meno della metà di quello reale).

Credo come conseguenza proprio nel triennio 2009-2011 in varie parti del pianeta nuove forze si affacciarono alla ribalta. Io lo chiamai “il triennio verde” per il successo inaspettato degli ecologisti in varie parti del mondo: in Francia il clamoroso successo di Europe-Ecologie alle elezioni europee del 2009, in Germania il prevalere dei Grunen persino in Lander “ricchi” come il  Baden Württemberg nel 2011, ma anche nel 2010  in Colombia dove il verde Mockus sfiora l’elezione a Presidente della Repubblica dopo essere stato eletto sindaco della capitale e in Brasile Marina Silva, ambientalista ex socialista, è la candidata dei Verdi alla Presidenza. In parecchi paesi europei per un attimo i Verdi vennero visti come la via di uscita dalla crisi del bipolarismo. Durò poco perché l’insuccesso degli ambientalisti come terzo polo, non in grado di proporre davvero un’alternativa di sistema li riportò ai margini ovunque.

In Italia le forze che in qualche modo si candidavano a porsi come alternative, nel mondo della sinistra radicale e dell’ambientalismo, erano da sempre particolarmente frammentate, fra egocentrismo e trasformismo dei tanti leaderini e gruppi, privi di una vera autonomia politica dalla cosiddetta sinistra moderata, osteggiate comunque dai media, ammagliate dalla prassi del “capo politico” e del farsi eleggere da qualche parte, invece che dalla costruzione di vere leadership plurali e di una strutturazione stabile nel territorio. Nel 2012 era già finita l’era della sinistra comunista di Bertinotti, delle fabbriche di Nicki di Vendola, dell’Italia dei Valori di Di Pietro. Bertinotti al governo riduceva l’alternativa al suo ruolo di presidente scampanellante della Camera con Prodi, Vendola annunciava “il cantiere della sinistra” con Di Pietro e senza PD, un mese dopo lo scaricava alleandosi con il PD e infine inciampava sull’ILVA. Di Pietro affidava il suo partito nelle regioni a personaggi inaffidabili ( il più noto fu però il caso Scilipoti) e infine veniva affondato da un articolo della Gabanelli e alcuni suoi collaboratori.

Qualche mese fa mi ero messo in testa di raccogliere la storia dei tanti partiti annunciati, fondati, rifondati o falliti nel mondo ristretto della sinistra radicale e degli ambientalisti dal 2008 ad oggi. Sono arrivato al ventesimo, con in aggiunta una decina di micropartiti, sigle e aggregati nati dalla disgregazione in corso del M5Stelle. Così, arrivato a 30, mi sono arreso e ho rinunciato. Ne ricordo solo i più noti: Sinistra Arcobaleno, Rivoluzione Civile, L’altra Europa per Tsipras, Alba, Cambiare si può, Prima le persone, Possibile, Potere al Popolo, Sinistra Italiana, Articolo1-MDP, LEU (che oggi esiste solo in Parlamento nel Gruppo Misto), il partito del Brancaccio mai nato (Tomaso Montanari e Anna Falcone), almeno cinque partiti più o meno comunisti fra i quali i due di Marco Rizzo e di Diego Fusaro di cui non ricordo il nome. Per non parlare di DeMa, il partitino di De Magistris e famiglia che in un eccesso di umiltà gli ha dato il proprio nome prima di scomparire a cavallo dell’appennino fra Napoli e la Calabria.

Nel campo ambientalista la situazione è stata per certi versi più semplice. Nell’ottobre 2009 la Federazione delle Liste Verdi, dopo più di venti anni di vita stentata  stava per scomparire. Un vero record riuscire a tenere un partito verde in occidente per vent’anni sempre al 2%, dopo le elezioni europee del 1989. Il Congresso previsto per l’11-12 ottobre si preannunciava con una maggioranza, seppur minima, a favore dello scioglimento per confluire nel partito di Vendola.

Nell’anno precedente si costituiva un piccolissimo gruppo, il Gruppo Cinque Terre, di cui facevo parte dopo aver partecipato fra i fondatori alla nascita dei Verdi più di 20 anni prima (Finale Ligure). Era costituito da alcuni ex-verdi, alcune femministe storiche, singoli esponenti di gruppi e movimenti civici, qualche animalista, alcuni grillini delle origini dissidenti nel nascente M5Stelle. In tutto non più di 20 persone. Con un intenso lavoro di discussione ed elaborazione durato quasi due anni obiettivo del GCT era quello di suggerire ai tanti frammenti del mondo ecologista proposte utili ad interrompere la frammentazione, elaborare alcune basi culturali solide per un progetto unitario che unisse gradualmente tutti gli ecologisti sciogliendo consensualmente tutti i gruppi organizzati esistenti (presupposto obbligato per avere successo), darsi strumenti di comunicazione nella società e nel territorio, concepire gli ecologisti come terzo polo autonomo lontani dalle logiche del bipolarismo della destra e della sinistra. Convinti che senza questi presupposti sarebbe fallita qualunque iniziativa per molti anni.

Evitando accuratamente di porsi come ennesimo partitino, per più di un anno il GCT incontrò con discrezione decine e decine di esponenti e leaders di quasi tutto quello che di significativo esisteva nel campo ambientalista e civico. Fra gli altri i Verdi (Bonelli e Boato), i rappresentanti del nascente raggruppamento di Uniti e Diversi ( Maurizio Pallante, Giulietto Chiesa, Massimo Fini, Monia Benini), la Rete dei Cittadini (Mazzanti e Raduta), esponenti significativi del mondo animalista e delle sue associazioni, alcuni  promotori di Abbiamo un Sogno (Michele Dotti), esponenti di Stop al consumo di territorio (Domenico Finiguerra) e della rete Comuni Virtuosi ( Marco Boschini), alcune figure note di una fase precedente ( es. Fiorello Cortiana), alcune decine di esponenti di gruppi locali significativi. Si svolsero così decine di incontri riservati e alcuni seminari e incontri nazionali da Roma a Firenze a Bologna per più di un anno e mezzo.

Nelle risposte a questo nostro lungo percorso fatto di proposte anche articolate, il più gentile fu Guido Viale, che ci ringraziò per i nostri sforzi dichiarandosi però non disponibile ad impegni diretti. Qualche tempo dopo si impegnò invece nella nascita di L’Altra Europa (con Marco Revelli e vari aggregati politici e gruppi di diverse regioni). Ne uscì il solito sempre negato cartello preelettorale, privo di solide fondamenta, che alle elezioni europee del 2014 superò di poco il 4%, elesse tre parlamentari con poca omogeneità fra loro di cui si persero subito le tracce (Barbara Spinelli, Eleonora Forenza, Curzio Maltese). L’Altra Europa si sciolse pochi mesi dopo.

Anche Pallante e gli altri di Uniti e Diversi furono gentili facendoci intervenire al loro “congresso” di fondazione (qui). Poi ci fecero sapere che essendo loro già avanti nel loro percorso apparivano troppo vaghe le nostre proposte di scioglimento-aggregazione. Solo Giulietto Chiesa si presentò come osservatore a nostri successivi incontri, in particolare all’Ecoconclave di Bologna del 29-30 gennaio 2011. Sei mesi dopo la sua fondazione Uniti e Diversi si sciolse. Invece il più indifferente e diffidente di tutti, non ho mai capito perché, per quanto ricordi fu Michele Boato.

Agli albori della nascita del GCT si decise che sembrava utile sostenere attivamente la “ sopravvivenza” dei Verdi di cui di fatto nessuno di noi faceva parte, favorendo la diffusione dell’appello  per una nuova Costituente Ecologista “Il coraggio di osare” ( qui), attraverso i blog ECO e FIORI GIALLI ( settembre 2009) non essendo ancora attivo il sito del GCT nato un mese prima. Il congresso dei Verdi (ottobre 2009) di cui si dava per scontato lo scioglimento, decise invece per un soffio di continuare la storia dei Verdi, con pochissimi delegati di vantaggio e la conseguente scissione dei perdenti (Loredana De Petris, Paolo Cento). Una nota esponente in ambito europeo, il primo giorno firmataria della mozione per lo scioglimento, il secondo giorno si dichiarò per l’altra mozione e poco tempo dopo stranamente venne scelta come italiana nel vertice del partito verde europeo, una specie di coordinamento dei diversi partiti verdi nazionali.

Il lungo impegno per una nuova aggregazione che nascesse dal superamento graduale dei diversi frammenti (qui) avviato due anni prima dal GCT si risolse a Bologna con l’Ecoconclave per la Costituente Ecologista, promosso da quattro diverse sigle, Costituente Ecologista, Abbiamo un Sogno, Centro Nuovo Modello di Sviluppo e GCT, al quale non partecipavano però quelli che ho indicato. Circa 200 persone appartenenti ad una trentina di sigle diverse, discussero intensamente il che fare (su Programma, Organizzazione, Alleanze) ma alla fine del secondo giorno emerse evidente la indisponibilità dei rappresentanti dei verdi con una particolare resistenza dei loro due leader, a coinvolgersi in un reale percorso di superamento e rifondazione dell’ecologismo, andando al di là dei Verdi e dei vari altri gruppi esistenti. La loro Costituente galleggiò in acque stagnanti per qualche tempo e poi nella sostanza si spense. Inutile cercare i responsabili del fallimento dell’Ecoconclave più nei presenti o negli assenti.

Quando da più parti si chiese che il GCT promuovesse direttamente la rifondazione (esattamente l’opposto di quanto sognavamo) si decise di fermare il progetto mantenendo per qualche tempo attivo il sito del gruppo, nel quale sono raccolti circa 2000 documenti e interventi, sui più diversi temi nazionali e internazionali pubblicati nel corso di sei anni. Come la Costituente nei dieci anni successivi periodicamente qualcuno convoca un po’ di amici e scrive un appello, specie a ridosso di scadenze elettorali. Quasi una finzione che trova sempre qualche centinaio di spettatori che raccontano da qualche parte il loro problema e come lo affrontano. Solo negli ultimi otto mesi ho contato tre appuntamenti: l’ennesimo ritocco al proprio nome dei verdi nel luglio scorso, altre due assemblee di altri ecologisti, l’ultima due settimane fa. Si è persa non solo la memoria storica dei fallimenti ma anche la capacità di riflettere su cosa emerge dalla società e come lavorare con e per gli altri invece di osservare il proprio ombelico.

Negli anni successivi, gli ultimi dieci anni, il dilagante successo del M5Stelle ha di fatto prosciugato qualunque spazio, forse in modo definitivo, per un progetto serio nel mondo della sinistra radicale e in quello ecologista (che pure servirebbero), assumendone almeno apparentemente molti dei potenziali contenuti. A parte qualche leaderino disoccupato e qualche vocazione patologica è evidente che siamo ormai in una diversa fase storica  per chi volesse porsi seriamente l’impegno alla costruzione di una alternativa. Anche nel Movimento 5Stelle, la cui straordinaria vicenda ci insegna tantissimo, sembra però che i nodi della crisi siano arrivati al pettine e non è facile capire come ne usciranno. Dalla diaspora grillina sono già nati una decina di nuovi gruppi e partitini: Italia in Comune (Pizzarotti), Italexit (Paragone), R2020 ( Sara Cunial), Partecipazione Attiva ( dal gruppo Parola agli attivisti), Alternativa C’è ( oggi Alternativa),  altri frammenti locali dalla Liguria alla Sicilia, a Napoli e dintorni, altri preannunciati ( dal Lazio alla Campania e alla Puglia ). E naturalmente il partito che non c’è e probabilmente non ci sarà mai di Di Battista.

Come dicono in Apocalypse Now gli ufficiali americani che a Saigon devono convincere il capitano Willard (Martin Sheene)  ad uccidere il colonnello Kurz, che ritengono ormai  impazzito nelle foreste della Cambogia, “ c’è qualcosa di insano in questo comportamento”. E’ però difficile capire chi è impazzito per primo. Almeno questo mi sembra il messaggio di questo bellissimo film.

Nella seconda e terza parte di questo intervento si cercherà di capire se c’è un modo di uscire da questa insana situazione.

allegati:

appello del Gruppo delle Cinque Terre: UN'ALTRA ITALIA E’ POSSIBILE ( dicembre 2009)

appello del Gruppo delle Cinque Terre: le prime 100 adesioni

Il coraggio di osare ( 5 settembre 2009)

leggi anche:

Alternative in Italia: Cosa viene dopo il Movimento 5Stelle (II) 

- seconda parte: per fondare un’alternativa servono due anni di conclave, nuovi protagonisti e nuove idee.

Alternative in Italia: Cosa viene dopo il Movimento 5Stelle (III)

- terza parte: Movimento 2050 o altri protagonisti: L’alternativa è ecologista e solidale e non stà né a destra né a sinistra.

 


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